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VISITA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO GIAN FRANCO

In occasione della visita pastorale nella nostra parrocchia di san Giovanni Bosco, la sera del 26 febbraio l’arcivescovo ha presieduto l’Eucaristia in Santuario, pregando in modo speciale per papa Francesco, provato dalla malattia, e ha poi incontrato dei rappresentanti dei fedeli che frequentano questo luogo.

La presentazione, molto stimolante e ricca, è stato frutto del lavoro di condivisione tra i fedeli divisi in 9 gruppi, che nell’ultimo mese si sono radunati una o due volte, perlopiù nelle loro case. Per molti di loro è stata un’occasione preziosa di fraternità, al punto che qualcuno sta continuando a incontrarsi.

La presentazione ha seguito questa scaletta:

  1. “Il progetto pastorale del Santuario”: fr. Massimo Chieruzzi
  2. la nuova comunità delle Suore Francescane Angeline: sr. Graziella Passaro
  3. il percorso di preparazione alla visita pastorale
  4. presentazione delle riflessioni dei singoli gruppi , suddivisi con le 4 categorie consegnate dal Vescovo durante il cammino sinodale della Diocesi:

               Il focolare

      1. Santuario, casa di preghiera
      2. Santuario, centro di annuncio della Parola
      3. La comunità del santuario (identità e stile)
      4. La fraternità dei laici francescani

              La soglia

      1. La pastorale familiare
      2. Il rapporto tra Santuario e Associazione Mondo-X Sardegna

              La tavola delle ministerialità

      1. Le ministerialità nella Liturgia

 

  1.     Il giardino della cura della persona
      1. Lo spazio di ascolto
      2. La tutela del Santuario

 

Nel suo intervento, l’Arcivescovo si è soffermato sugli aspetti legati alla vita del santuario, partendo dalle testimonianze ascoltate:

«Parlando della vita nel santuario, avete già citato alcune immagini significative, come quella della soglia, del focolare, del giardino della cura delle persone. Queste immagini mettono davvero in evidenza cos’è il santuario: è quel luogo dove Dio compie con noi qualcosa che va oltre i nostri programmi, e questo mi sembra uno degli aspetti più belli di un santuario. Tuttavia, il Signore si serve di noi anche per la cura di un ambiente, di un contesto e di uno stile che non sono secondari. Il santuario, quindi, è davvero un luogo che accoglie e che rimanda ad altro: è luogo di accoglienza e luogo che rimanda all’incontro personale con il Signore.

Il legame con la Chiesa diocesana è molto forte, anche perché furono i miei predecessori ad affidare ai francescani la cura di questo luogo. Credo sia molto bello vedere come, nel corso degli anni e dei decenni, il santuario sia diventato un luogo di attenzione e cura proprio della Chiesa. Questo è un dono importante.

Possiamo anche dire che il santuario si manifesta nella partecipazione e nella condivisione. Se questa sera si è parlato di soglia, di focolare, di giardino della cura delle persone, significa che tutto questo è frutto di un dialogo tra noi. È una cosa molto bella.

Inoltre, il santuario è connesso ad altre realtà importanti: l’Associazione Mondo X, che è un altro santuario; la casa Sant’Antonio; e oggi abbiamo anche il dono della presenza delle suore francescane angeline.

Qual è il mio desiderio? Io penso che sia lo stesso che state coltivando: che questo luogo diventi un punto di riferimento per tutti. Questo è molto importante, anche perché oggi, nelle parrocchie, i sacerdoti sono spesso gravati da molti impegni. Non che i frati non abbiano nulla da fare, ma vivendo in comunità è più facile coordinarsi e raccordarsi, seguendo una regola di vita, aspetto che non è affatto secondario. Qui c’è il punto di connessione tra parrocchia e santuario, il punto dove ci si completa gli uni con gli altri.

Questa complementarietà per me è il valore più bello, ed è ciò che desidero incoraggiare. La stiamo vivendo: vedo che è ormai una prassi consolidata che i frati collaborino con il Centro pastorale diocesano. Quando si sente parlare di “centro pastorale diocesano”, può sembrare un luogo burocratico, centralistico, ma in realtà è uno spazio di comunità, un luogo stabile di esercizio della sinodalità, del camminare insieme.

Per questo sono molto grato che il santuario abbia questi tavoli di confronto: non è un aspetto secondario, perché ci aiuta a lavorare insieme. La nostra preoccupazione non deve essere né per le parrocchie né per i santuari in sé, né per il numero di persone che vi accedono, ma per la missione che ci attende e per le persone che bussano alle nostre porte.

Nei vostri interventi si è parlato anche delle famiglie. Il santuario è spesso un luogo dove si può vivere una dimensione più intima, dove magari ci si sente meno osservati dal vicino di casa in quei momenti di vita nei quali si presentano delle situazioni, delle domande, delle esperienze che fanno sentire il bisogno di sentirsi liberi, direi di poter respirare liberamente, a pieni polmoni. Questo è un tema molto importante.

A conclusione della Visita pastorale, spero che come diocesi possiamo soffermarci proprio sull’Amoris Laetitia, in particolare sui capitoli 7 e 8. Ogni sacerdote sa che deve aiutare le persone nel discernimento. E il santuario è proprio un luogo in cui si educa al discernimento.

Un altro aspetto importante è quello della promozione dei percorsi di vita cristiana nelle situazioni. Il Vangelo si vive in situazione, dentro la realtà concreta, non fuori da essa. Questo mi sembra un punto importante.

Per quanto riguarda la questione dei sacramenti, talvolta si verificano esperienze in cui è possibile accostarsi ad essi anche in situazioni particolari. Cos’è davvero importante? Che ci sia una vita cristiana una vita discepolare. L’interazione tra il santuario e gli altri percorsi diocesani è fondamentale in questo senso. Noi sacerdoti abbiamo una grande responsabilità: la grazia di Dio è per tutti, e noi siamo chiamati a esserne dispensatori. Molte volte c’è bisogno di una rieducazione ai sacramenti per riscoprirne il vero senso. I sacramenti non sono riservati alle persone perfette. Se fossero per persone perfette, nessuno di noi ne avrebbe bisogno. Quando finirà la fase sacramentale entreremo finalmente in quell’abbraccio pieno con Dio. Adesso siamo nella fragilità di questo pellegrinaggio che viviamo, ed ecco che i santuari possono essere luoghi importanti per aiutare le persone a vivere la libertà vera, a riscoprire il Vangelo, cioè Gesù.

Prima che si concluda questa tappa della Visita pastorale, è mio desiderio incontrare quelle situazioni antropologiche cosiddette “della soglia” – anche se, in fondo, siamo tutti sulla soglia. Qui arrivano tante domande e tante richieste. Per questo vorrò chiamare anche p. Salvatore per coinvolgere la realtà di Mondo-X.

Un altro tema importante è quello delle ministerialità istituite. Si sta lavorando per preparare un percorso formativo per persone che desiderano dedicarsi stabilmente a questi servizi, che sono tanto importanti. Anche la richiesta di ministri della comunione anche “a domicilio” mi pare una buona cosa: gli strumenti tecnologici, che consentono ciò che in passato non era possibile, non sostituiscono però quello che possiamo fare solo l’essere umano  [ndr: la richiesta, relativa soprattutto al mese mariano, consisteva di individuare dei ministri straordinari della comunione che possano portare l’Eucaristia alle tante persone malate che seguito le celebrazioni del Santuario in streaming].

Desidero incoraggiare lo spirito missionario, il desiderio d’entrare nella logica che Papa Francesco ci ha indicato nella Evangelii Gaudium, cioè di una Chiesa in uscita.

Stiamo riflettendo anche sulle strutture e sugli spazi, affinché siano sempre più adeguati a questa missione. È un cammino che interpella tutti. Se ciascuno fa la sua parte, possiamo raggiungere gli obiettivi. E se lo facciamo insieme, sentendoci un’unica famiglia, con diversi doni e carismi, allora potremo vivere davvero la bellezza di ciò che il Papa chiama un popolo dai molti colori».